Il modello dimensionale delle identità sessuali
Nel modello dimensionale dell’identità sessuale le diverse dimensioni rappresentano i diversi piani funzionali su cui si articola il vissuto dell’individuo in relazione alla sua sessualità, ognuno dei quali può presentare una gamma di espressioni diverse. Ciascuna dimensione risponde ad una diversa domanda riguardo l’esperienza di sé, che esprime un ordine logico differente. Le diverse dimensioni appaiono tra loro indipendenti, tanto che ogni identità sessuale può accostare le più svariate espressioni di ciascuna dimensione, in un caleidoscopio di combinazioni diverse.
Si possono distinguere due ordini di dimensioni. Le prime sono dette “nucleari“, risultano già definite in una fase precoce dello sviluppo e costituiscono la base dell’esplorazione identitaria successiva. Esse hanno una componente somatica o fisiologica importante, appaiono stabili nel tempo, e sono soggette ad esplorazione e scoperta più che a trasformazione. Le seconde sono quelle per così dire “distali“, che riflettono la relazione dell’individuo con il suo orizzonte culturale e il suo collocarsi nel mondo a partire dalle sue esperienze e dagli strumenti simbolici a sua disposizione.
Ogni dimensione prevede una moltitudine di espressioni diverse. Le categorie usate per distinguere gli individui sulla base delle differenti espressioni di ogni dimensione sono limitate e tengono conto solo di ciò che è conosciuto, riconosciuto e rappresentato. Lo scopo stesso della ricerca scientifica ne prevede l’ampliamento, la sostituzione, la ridefinizione continua.
Le dimensioni nucleari dell’identità sessuale
Sono il sesso biologico, l’identità di genere nucleare e l’orientamento sessuale.
Sesso biologico (qual è la mia conformazione somatica?)
Rappresenta la conformazione somatica delle caratteristiche sessuali dell’individuo.
Questa dimensione include il cariotipo della 23a coppia di cromosomi, tipicamente 46XX o 46XY (ma talvolta diverso), il funzionamento ormonale, lo sviluppo dei genitali interni ed esterni e delle caratteristiche sessuali secondarie. Le categorie che si riferiscono a questa dimensione della sessualità individuale sono: “maschio”, “femmina” e “intersessuale” (considerando sotto questo nome le diverse forme di “DSD”, ovvero Differenze dello Sviluppo Sessuale, o Disturbi dello Sviluppo Sessuale).
Identità di genere nucleare (con quale genere mi identifico più intimamente?)
Rappresenta l’identificazione primaria con le categorie di genere disponibili nel proprio panorama culturale. Nel contesto genere binario prevalente, queste sono “maschio” o “femmina”. Tuttavia l’identità di genere non è una semplice etichetta, ma l’organizzazione delle proprie esperienze e dei propri sentimenti in una coreografia di attitudini cognitive, emotive e somatiche interiorizzata precocemente, divenuta la base della costruzione della propria identità, sia sessuale che personale. Essa risulta stabile a partire all’incirca dai 3 anni e, tuttavia, continua ad essere interrogata e compresa durante tutta l’infanzia e l’adolescenza, talvolta anche attraverso la vita adulta, potendo portare ad una sua definizione più complessa e non-binaria.
Orientamento sessuale (da quali caratteristiche di genere posso sentirmi attratto sessualmente e affettivamente?)
Riflette la predisposizione dell’individuo di rispondere a stimoli connotati sessualmente con un moto di eccitazione sessuale e/o di attrazione romantica. Tale predisposizione riflette un intreccio di elementi identitari nucleari radicati nello sviluppo psichico precoce e dovrebbe essere considerato come una variabile emergente dalla complessità del Sé individuale. Per questo non ci sembra possibile (e ad oggi nessuno ci è mai riuscito) individuare “una causa” dello sviluppo in un senso o in un altro dell’orientamento sessuale. Le evidenze puntano verso una multifattorialità di questo livello dell’identità sessuale, che si mostra stabile nella vita degli individui, nonostante possa essere esplorato e conosciuto sempre meglio nell’arco di vita, andando incontro a costanti ridefinizioni (vedi identità di orientamento sessuale). Le categorie tradizionali con cui viene descritto l’orientamento sessuale degli individui sono tre: si parla di eterosessualità, quando l’attrazione è esclusivamente verso il sesso opposto, di omosessualità, quando è esclusivamente verso il proprio sesso, e di bisessualità, quando è in misura diversa o uguale verso entrambi i sessi. È famosa la concettualizzazione di Kinsey di un continuum tra esclusiva eterosessualità ed esclusiva omosessualità, tradotta in una scala a 7 punti (0=Esclusivamente eterosessuale, 1=Prevalentemente eterosessuale con occasionali attrazioni omosessuali, 2=Prevalentemente eterosessuale con una forte componente omosessuale, 3=Bisessuale con attrazioni eterosessuali e omosessuali equivalenti, 4=Prevalentemente omosessuale con una forte componente eterosessuale, 5=Prevalentemente omosessuale con occasionali attrazioni eterosessuali, 6=Esclusivamente omosessuale).
Risulta superato l’uso di queste categorie con riferimento stretto al livello del sesso biologico delle persone (il sesso di chi è attratto e quello di chi suscita attrazione). Nel tempo se ne è affermato un uso che prende sempre più in considerazione l’identità di genere della persona che prova attrazione (per cui, per esempio, un uomo transgender attratto da uomini si definisce omosessuale). Rispetto alla persona che suscita l’attrazione si dovrebbe far riferimento a quali dei suoi caratteri di genere attivano il desiderio dell’altro (per esempio un uomo che prova attrazione verso una donna transgender per la sua femminilità rientra nella categoria eterosessuale, qualora sia attratto sia da eventuali caratteri maschili che femminili, potrebbe riflettere una forma di bisessualità). D’altra parte, a queste categorie se ne sono aggiunte anche altre: sempre di più prende piede l’uso della categoria pansessualità in riferimento a persone che sviluppano il proprio desiderio a prescindere dalla caratterizzazione di genere, trovandosi a poter essere attratte non solo dai due sessi canonici (come nel caso della bisessualità), ma anche dalle persone che non rientrano in tale categorizzazione dicotomica, come le persone transgender ed intersessuali.
La categoria dell’asessualità riflette invece l’intensità (o assenza di essa) dell’attrazione sessuale, e non il suo orientamento, in un continuum che la contrappone all’ipersessualità. Tale livello non viene tradizionalmente incluso nell’identità sessuale perché per lo più estremamente variabile attraverso i momenti e le situazioni della vita. Tuttavia in alcune persone esso sembra acquisire una stabilità tale da porre la questione se non dovrebbe invece trovarvi posto.
Pingback: Le identità sessuali – Part 1 (di Federico Ferrari) – SIPSIS-Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali
Pingback: Le identità sessuali – Part 3 (di Federico Ferrari) – SIPSIS-Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali